Articolo 18 Statuto dei Lavoratori: Cos’è Cambiato dopo la Riforma
La riforma dell’Articolo 18 e tutte le novità introdotte dal Jobs Act: guida pratica all’argomento
Indice
Articolo 18 e riforma del mondo del lavoro: tante la novità introdotte dalla legge Fornero prima nel 2012 e dal Jobs Act attuato dal governo Renzi attraverso diversi decreti legislativi approvati tra il 2014 e il 2015.
L’articolo 18 dello Statuto del lavoratore regolamenta i casi di licenziamento illegittimo ed è stato introdotto nella nostra normativa con la legge 300/1970 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento).
Secondo l’articolo 18 si può licenziare un lavoratore per giusta causa o giustificato motivo.
Per giusta causa quando il lavoratore compie atti gravi da minare il rapporto di fiducia tra lui e il datore di lavoro.
Per giustificato motivo soggettivo quando la criticità è causata dal comportamento del lavoratore, per giustificato motivo oggettivo quando il datore di lavoro è costretto a licenziare per motivi economici.
Tra le tante novità approvate a favore delle piccole e medie imprese italiane, la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che andrà ad interessare i nuovi assunti a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015.
Con la riforma sono state inoltre abolite le figure dei collaboratori a progetto, dei mini Cococo, sono stati riorganizzati gli ammortizzatori sociali e rivista la Cassa Integrazione Guadagni per le imprese al di sotto dei 5 dipendenti. Il Naspl (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego vale a dire l’indennità mensile di disoccupazione erogata dall’Inps ai lavoratori che hanno perso involontariamente il lavoro) diventa misura strutturale insieme all’Asdi, l’assegno sociale di disoccupazione rivolto a chi già beneficia del Naspl.
Di seguito una guida pratica a tutte le novità introdotte dal Jobs Act nella normativa italiana riguardanti in particolare l’articolo 18.
Articolo 18: il Testo della Norma
La riforma dell’Articolo 18 è iniziata con la legge 92/2012 passata alle cronache come la riforma del lavoro Fornero, dal nome dell’allora ministro del Lavoro Elsa Fornero (governo Monti).
Tra le novità introdotte dalla legge Fornero (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 luglio 2012, Serie Generale n. 153, Supplemento Ordinario n. 136), le nuove disposizioni in materia di lavoro subordinato e parasubordinato e le modifiche allo Statuto dei lavoratori che rendono più facili i licenziamenti individuali per motivi economici.
Cosa dice l’articolo 18. Con la nuova formulazione, ci sarà maggiore flessibilità e in caso di licenziamento per motivi economici, non ci sarà il reintegro automatico ma sarà possibile un’indennità risarcitoria.
Sarà comunque considerato nullo ogni licenziamento effettuato per motivi discriminatori (credo politico, fede religiosa, attività sindacale, discriminazione sessuale e simili). Il giudice avrà un minore margine di discrezionalità in ordine al reintegro nei casi di licenziamento per motivi disciplinari, per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo.
Il testo “ante riforma” dell’articolo 18 veniva regolamentato dalla legge 300/1970, ossia dallo Statuto dei Lavoratori, o dalla legge 108/90 a seconda dimensioni occupazionali del datore di lavoro.
Lo Statuto dei lavoratori si applicava ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti nel territorio comunale o 60 dipendenti in ambito nazionale. La stesura prevedeva che in caso di licenziamento illegittimo il giudice del Lavoro ordinasse la reintegrazione nel posto del lavoro e il risarcimento.
La legge 108/90 si applicava ai licenziamenti illegittimi nelle aziende che non raggiungevano il livello dimensionale minimo previsto dallo Statuto.
Con la riforma Fornero l’articolo 18 viene modificato passando dalla tutela reale alla tutela indennitaria con una tutela reale piena per tutti i lavoratori a prescindere dalle dimensioni occupazionali del datore di lavoro (per un confronto prima e dopo riforma dell’articolo 18. Per maggiori dettagli leggere il testo della Legge 20 maggio 1970, n. 300 Articolo 18 .
Articolo 18: Ambito di Applicazione
A chi si applicano oggi le tutele previste dall’articolo 18 dopo la legge 92/2012 e l’introduzione del contratto a tutele crescenti del Jobs Act contenuto nel D.Lgs 23/2015.
Cosa fa l’articolo 18. L’ambito di applicazione delle novità riguarda i rapporti di lavoro instaurati dopo il 7 marzo 2015. Può essere applicato anche a lavoratori assunti prima di questa data nel caso in cui il datore di lavoro superi soglie dimensionali previste dall’articolo 18 (più di 15 lavoratori comunali e più di 60 a livello nazionale) per nuove assunzioni.
Le nuove disposizioni inoltre possono essere applicate anche nel caso in cui il contratto a tempo determinato sia convertito in uno a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015.
Articolo 18: Tutela Reale Piena
I regimi di tutela reale piena previsti dal nuovo articolo 18 sono quattro.
- Il primo si applica in caso di nullità del licenziamento perché discriminatorio o intimato in concomitanza con il matrimonio.
- Il secondo in violazione alle norme stabilite a tutela e sostegno della maternità e della paternità.
- In caso di nullità del licenziamento previste dalla legge.
- In caso di motivo illecito determinante.
La tutela reale piena si applica anche nei casi di licenziamento inefficace perché minacciato in forma orale, a prescindere dalle dimensioni della società (del datore di lavoro) e anche per i dirigenti.
La tutela reale piena prevede il reintegro del lavoratore e il risarcimento del danno per il periodo successivo al licenziamento fino alla reintegra, più il versamento dei contributi (previdenziali e assistenziali) per lo stesso periodo.
Il risarcimento verrà calcolato secondo l’ultima retribuzione globale maturate al momento del licenziamento (moltiplicata per tutto il periodo fino al reintegro), decurtando eventuali somme percepite durante lo stesso arco di tempo per altre attività lavorative svolte.
Entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, il lavoratore può in alternativa decidere per la risoluzione del rapporto di lavoro dietro liquidazione di un’indennità di 15 mensilità (parametrata all’ultima retribuzione).
Articolo 18: Tutela Reale Attenuata
La tutela reale attenuata è il secondo regime previsto dal nuovo articolo 18. Riguarda i casi di:
- licenziamento per giusta causa
- per giustificato motivo soggettivo illegittimo perché il fatto non sussiste o è punito con una sanzione conservativa
- licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo perché il fatto è manifestamente infondato
- per difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica
- per licenziamento intimato in caso di infortunio, malattia e gravidanza.
La tutela reale attenuata comporta la reintegra del lavoratore e il risarcimento del danno con versamento dei contributi previdenziali del periodo di non occupazione dovuta al licenziamento.
Anche in questo caso l’indennità viene calcolata secondo l’ultima retribuzione dal giorno del licenziamento fino alla reintegra decurtando eventuali cifre che il lavoratore abbia percepito in caso di altre occupazioni. Il risarcimento comunque non può superare le 12 mensilità e anche in questo caso il lavoratore può decidere di sostituire la reintegra con un’indennità.
Articolo 18: Tutela Obbligatoria Piena
La tutela obbligatoria piena prevista dal nuovo articolo 18 viene applicata in tutti i casi in cui non ci sono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo od oggettivo.
In questo caso il datore di lavoro viene condannato a risarcire il lavoratore con una indennità il cui importo va da un minimo di 12 mensilità ad un massimo di 24 sulla base dell’ultima retribuzione globale calcolando anche l’anzianità e il numero dei dipendenti e delle dimensioni della società oltre che del comportamento e delle condizioni delle parti.
Articolo 18: Tutela obbligatoria Attenuata
La tutela obbligatoria attenuata si applica nei casi di illegittimità del licenziamento per assenza di motivazione o per inosservanza degli obblighi procedurali previsti per legge.
In questi casi, a seconda comunque della gravità della violazione commessa, viene prevista una condanna per il datore di lavoro pari ad una indennità che va dalle 6 alle 12 mensilità della retribuzione globale del lavoratore che però verrà valutata anche tenendo conto della gravità della violazione fatta.
Articolo 18: il Rito Fornero
Con l’entrata in vigore della legge 92/2012 in caso di impugnazione del licenziamento ai sensi dell’articolo 18 si applica il rito Fornero, previsto appunto dalla legge che prende il nome dell’ex ministro. Un rito che precede un processo più veloce per i licenziamenti con il giudice che, sentite le parti, procede con gli atti di istruzione indispensabili, poi provvede ad accogliere o rigettare la domanda con una ordinanza che sarà immediatamente esecutiva.
Questi i tempi.
Il primo atto di questo rito prevede l’impugnazione da parte del lavoratore del licenziamento davanti al giudice del lavoro secondo quanto previsto dall’articolo 125 del Cpc.
Entro 40 giorni dal deposito del ricorso, il giudice fisserà l’udienza e il termine per la notifica dei decreti. Termine che non deve essere inferiore a 25 giorni prima dell’udienza fissata. Per la notifica il lavoratore ricorrente potrà utilizzare anche la pec.
Per il datore di lavoro resistente il giudice assegnerà un termine non inferiore a 5 giorni prima dell’udienza.
Contro l’ordinanza emessa dal giudice si può ricorrere entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento secondo quanto richiede l’articolo 414 Cpc.
In linea di massima quindi il rito Fornero è più veloce perché i termini previsti per le domande e la presentazione dei ricorsi sono molto ristretti e perché vengono eliminate molte formalità ritenute non essenziali per il contraddittorio.
Articolo 18: Cosa è cambiato dopo la Riforma del Lavoro
Molto spesso si parla erroneamente di cancellazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in realtà la legge 92/2012 e i decreti introdotti dal Jobs Act hanno modificato l’articolo introducendo alcune novità per i lavoratori assunti a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015.
Articolo 18, cosa è cambiato. La riforma ha inserito alcune novità rispetto ai licenziamenti individuali.
Nel caso del licenziamento per motivi economici, ossia quando il datore di lavoro è costretto per esigenze economiche a licenziare, prima della riforma il giudice aveva facoltà di ordinare il reintegro, oggi questo è possibile solo nel caso di manifesta insussistenza delle esigenze economiche. In alternativa è prevista un’indennità stabilita sulla base dell’ultima mensilità e che può andare dalle 15 alle 24 mensilità a seconda dei casi.
Licenziamento per motivi discriminatori. In questo caso il giudice deve dichiarare sempre infondato il licenziamento ordinando il reintegro immediato del lavoratore. La novità è rappresentata dal fatto che il lavoratore in alternativa al reintegro, se dovesse considerare oramai minato il suo rapporto di fiducia con il datore di lavoro, può optare per un risarcimento. L’indennità verrebbe calcolata sulla base dell’ultima mensilità per un massimo di 15.
La conciliazione è stata introdotta per snellire la burocrazia ed incentivare le aziende ad assumere, allo stesso tempo senza intaccare le tutele dei lavoratori perché se il diretto interessato non accoglie l’alternativa dell’indennità può sempre optare per il reinserimento.
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Il lavoratore viene licenziato in caso di grave violazione degli obblighi previsti dal contratto come ad esempio:
- lasciare il posto di lavoro senza motivo
- minacciare colleghi, datore di lavoro o causare risse sul posto di lavoro
- violare continuamente il codice disciplinare dell’azienda.
Con le riforme introdotte dal Jobs Act, in questo caso il datore di lavoro viene costretto a pagare una indennità. Fermo restando che se il licenziamento disciplinare è ingiustificato il lavoratore deve essere reintegrato.
Licenziamento individuale per giusta causa. Un lavoratore può essere licenziato per giusta causa se:
- si rifiuta di eseguire un’attività lavorativa e commette insubordinazione
- si rifiuta di tornare a lavoro se la visita fiscale ha constatato l’insussistenza della malattia
- se durante la malattia svolge un’altra attività lavorativa
- se ruba beni dell’azienda
- se ha una condotta penalmente rilevante e per questa fa venire meno il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
In questo caso il lavoratore ha diritto all’indennità di disoccupazione.
Licenziamenti discriminatori. In caso di licenziamenti discriminatori dovuti a motivi legati alla razza al sesso, per motivi di salute o per congedo matrimoniale, per maternità, paternità o impegni sindacali, vale la stesura originaria dell’articolo 18. In questi casi quindi lo Statuto dei lavoratori non è stato toccato.